In principio era l'hacker. Il cacciatore/raccoglitore di informazioni riservate, pronto ad aggirare qualunque difesa per penetrare, attraverso il suo modem, in labirintici sistemi informativi e lasciare un segno del suo passaggio, alzando il tiro ad ogni evolversi dei sistemi di sicurezza, in una perenne sfida individuale all'establishment tecnocratico.
Guastatore isolato, eroe solitario o don Chisciotte postmoderno, l'hacker sembrava potesse essere l'unico soggetto in grado di contrapporsi ai nuovi signori dell'informazione e in grado di abbattere i muri velocemente costruiti per difenderne i privilegi, finche' la sua stessa natura autoreferenziale non ne ha determinato l'estinzione, travolgendo quasi completamente anche il piccolo movimento di pensiero sviluppato intorno a questa illusione di contropotere, che di fatto, nonostante professasse importanti principi come la liberta' assoluta di informazione o l'abolizione del diritto di proprieta' intellettuale, non e' mai riuscito a sfondare il ghetto della sua specificita' settoriale per addetti ai lavori, rimanendo spesso pericolosamente in bilico fra le teorizzazioni anarco-individualiste, la subcultura underground e l'attitudine tecno-feticista.
La massificazione di Internet ha spazzato via buona parte dell'aura di tardo romanticismo legata alla telematica. La Rete diventa sempre piu' uno strumento a disposizione di che ha qualcosa da dire e sempre meno l'oscuro oggetto di nuovi culti misterici. I sacerdoti del cyberspazio, sempre impegnati a discutere di nuove tecnologie e del loro possibile uso, fino a ieri unici abitanti delle reti telematiche, oggi sono una netta minoranza. Le "comunita' virtuali" di Rheingold sono sempre piu' presenti nella loro poliedricita' e i loro confini sempre piu' permeabili. Internet e' oggi probabilmente (e per fortuna) il luogo dove meno si parla di Internet. E' un segno di maturazione, ma anche un segnale chiaro del trapasso da una fase di sperimentazione frontieristica a una fase di sviluppo commerciale di massa. La privatizzazione della "dorsale" principale della rete negli USA, avvenuta lo scorso aprile con l'abbandono delle strutture pubbliche della National Science Foundation, ha ufficializzato questa transizione, tagliando il nastro, come nelle corse per la colonizzazione dei territori nel vecchio West, alla conquista dello sconfinato mercato che Internet rappresenta.
Gli sviluppi della tecnologia sono ormai diffusi dal Financial Times piu' che dai tradizionali organi di divulgazione scientifica; i segnali di un possibile futuro scenario per le comunicazioni vanno cercati in notizie finanziarie come quelle che hanno costellato quest'estate: l'acquisizione dell'ABC da parte della Walt Disney Corporation, l'exploit che ha accompagnato l'esordio in borsa della Netscape Communications, le voci di un probabile accordo fra l'IBM e l'italiana STET, l'ingresso della MCI nell'affare Internet. Secondo una citatissima predizione di Ben Bagdikian in "The Media Monopoly", entro l'inizio del prossimo secolo il mercato mondiale dell'informazione sara' gestito da non piu' di dieci grandi corporations che controlleranno giornali, riviste, libri, emittenti televisive e radiofoniche, cinema e videocassette, con l'immenso potere di determinare qualita' e destinatari dell'informazione.
D'ora in poi l'essere in rete sara' un ulteriore elemento aggiunto alla linea di demarcazione che discrimina sfruttati e sfruttatori, paesi del terzo mondo e capitalismo avanzato; in questo senso il diritto alla comunicazione diventa vero e proprio diritto di cittadinanza, diritto a una pari dignita' di vita.
La popolazione del Chiapas in rivolta contro il governo messicano ha compreso bene l'importanza di essere presenti in rete comunicando i propri contenuti, le proprie lotte, con lo stesso impatto mediologico dei grandi comunicatori di regime, su un terreno che di fatto impone pari opportunita' a chiunque, che si chiami Clinton o Marcos, abbattendo un muro di invisibilita' dietro il quale sarebbero stati occultati e segnando la nascita di un nuovo modello di hacker "sociale", che distrugge, con i mezzi a disposizione di tutti, senza virtuosismi tecnologici, i tentativi di costruire uno spazio virtuale patinato e senza crepe da usare come contenitore perfetto per le transazioni di affari, ricucendolo alla realta' delle lotte, dello sfruttamento, della miseria in cui versano i due terzi della popolazione mondiale. Dal buio dell'interfaccia testuale che avvolge i newsgroups o le mailing lists, i nuovi hackers affiorano al mondo colorato e spettacolare del World Wide Web, pronti a sfidare sul loro stesso terreno multinazionali ed enti governativi, imponendo una scomoda presenza in quello che vorrebbe essere il "salotto buono" della societa' postfordista, contaminando il nascente universo del business in rete con comunicati, iniziative politiche, petizioni elettroniche, bollettini di documentazione e controinformazione. Un esempio recente e' quello di Greenpeace, che ha diffuso attraverso Internet (http://www.greenpeace.org), in tempi brevissimi, le foto dei marines francesi che abbordavano il Rainbow Warrior a Mururoa, consentendone la pubblicazione da parte dei giornali di tutto il mondo, coniugando l'azione diretta con l'efficacia comunicativa.
L'orrore del Panopticon, che in "Sorvegliare e punire" Michel Foucault assumeva a modello del controllo sociale esercitato dalle comunicazioni di massa, puo' essere allontanato definitivamente insistendo sulla bidirezionalita' della comunicazione telematica, adoperandosi perche' un numero sempre maggiore di semplici cittadini, organizzazioni o associazioni di base usino questa nuova capacita' di diventare soggetti editoriali, distruggendo sul nascere le logiche del monopolio e del controllo e proclamando il proprio diritto alla libera gestione dell'informazione come diritto di esistenza.
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